Le Mimose a chi?

Mimosa

Ai corpi carbonizzati delle operaie di Chittagong, tragico connubio con le loro omologhe newyorchesi di cent’anni fa? O alla ragazzina violentata due volte, dal patrigno e dalla Cassazione? Forse alle immigrate in fuga dai loro cari più deboli per badare ai nostri e procurare a chi è rimasto a casa un’agiatezza erosa in partenza dalla speculazione, dal liberismo selvaggio e dall’agonia di ogni ammortizzazione sociale? Magari alle prostitute? Sempre più giovani e immesse, per la maggior parte con la forza o con l’inganno, in un mercato sempre più famelico mentre sempre più rarefatto, quando non direttamente repressivo, è il sistema che sovrintende alla cittadinanza e alla libera circolazione? O a quelle donne che, di fronte alla difficoltà a diventar madri, si vedono negata la speranza di una soluzione negoziata e negoziabile? Oppure a coloro che per interrompere una gravidanza devono aggiungere a quel dolore anche quello della condanna morale rozzamente e continuamente esplicitata da questo stato e da quell’altro i rapporti con il quale sono regolati da un concordato che è diventato carta straccia? Alle giovani in cerca di lavoro, penalizzate da un mercato selettivo/maschilista? Alle disoccupate di ritorno espulse dalle occupazioni che “fanno pensione” e mortificate da un rinnovo di dipendenza, quando non d’indigenza? Oppure a tutte coloro che ovunque nel mondo, da quando il mondo è mondo, vicariato l’assenza di ogni protezione pubblica e istituzionale con la propria tenace pazienza e dedizione? Alle donne irachene? Alle palestinesi? Alle afgane? A Giuliana Sgrena e Rosa Calidari nel primo compleanno del loro calvario?

Insomma buon 8 marzo a chi?

Lettera di Giuliana Maria Ciarpaglini di “Leggere Donna” e del Centro documentazione donna di Ferrara tratta da Il Manifesto 8-3-06

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