A volte leggendo, per puro caso, ci si accorge e ci si sorprende quanto il nostro pensiero, la nostra personale esperienza, possa avvicinarsi a quello degli altri. Oppure l’esatto opposto: un vissuto talmente banale e scontato comune a molti. Chissà.
FOLGORE
Nell’alba di un tuono che scuote la tua giornata usuale vedi la possibilità di destare le assopite tue necessità di urlare e dichiarare a tutti l’impossibilità di continuare questa farsa del dover essere.
Così passi in un labirinto di immagini, pensieri che ti serrano dentro corridoi infiniti che in qualche modo hai scelto per compiere il percorso dalla casa materna alla tua, distratto, piegato dai problemi inutili che ti trascini dietro dall’infanzia senza corrispondenze dichiarate, senza aver potuto scegliere cosciente la tua strada, le albe ed i tramonti ed i compagni che ti hanno, in qualche modo suggerito, frenato o spinto.
Le strade le hai percorse, ti sei assunto le tue responsabilità, ma al?ne ti senti di non aver assolto alle tue necessità di sentirti un Uomo che liberamente sceglie di bere, mangiare, fumare e camminare.
Dove, verso, chi, perchè; le risposte ti sfuggono per quello che non sai, per quello che non intuisci privato come sei dei sensori del tempo e del modo.
Sei ben educato e porti rispetto per tutto, anzi ti sforzi di dire e ragionare per poter salvare qualcosa, parte della tua vita, il dovere a cui sei stato educato.
E tu? cosa devi fare per sentirti immerso, tranquillamente immerso dentro il tutto che ti circonda, che ogni giorno vedi e credi e dici di capire?
Ma davvero è questa la tua strada?
Assolvere ai tuoi doveri, tutti te lo hanno ripetuto a tutti hai cercato di dare retta, nessuno ti ha mai saputo rispondere con esattezza e chi lo ha fatto barava. Ferocemente barava vestendo le spoglie d’un predicatore, d’un indicatore, sapendo di buttarti in mano al minimo a cui tu potessi aspirare.
Povero cuore, non più riscaldato dall’illusione che la tua vita ha un senso, voluto e perseguito per adempiere e soddisfare chi ha fatto progetti su di te.
Ed io, eccomi, folgorato da un tuono in una mattina buia dove l’acqua fredda dal cielo sembra entrare dentro la tua automobilina ancora da pagare, mentre nel caos delle auto dintorno cerchi di raggiungere il tuo ufficio.
Ed il lavoro che aspetta te e gli altri, a cui non sai mai cosa dire.
Schizzi di fango sul parabrise mi consigliano di fermarmi al primo distributore, aspettando che la pioggia ed il temporale rallentino e le mie idee si schiariscano.
Ordino un cappuccino ed intanto scelgo e comincio a mangiare una brioche alla crema.
Il pensiero non molla la frenesia che percorre ancora le mie cellule cerebrali, messe come in un negativo in evidenza: le pulsazioni aritmiche dei passaggi d’informazione, questo chiedersi e rispondersi fatto di passaggi elettrici nei terminali della mia scatola cranica.
Visibilmente scosso dai pensieri e dal temporale mangio e bevo la mia colazione.
Gente indifferente mi circonda, il sollecito barista chiede se tutto va bene. Certo, rispondo io, e dietro lo sguardo sembra trasparire l’immagine del temporale ed i fulmini attraversano il mio volto.
Sono identificato con questa forza violenta del tempo e, pagando, avverto il silenzio che hanno gli avventori dentro.
Nessuno mi dice qualcosa che possa servirmi.
Riprendo l’auto e ritorno sotto la naturale dimensione del temporale che già sembra allontanarsi, le schiarite parziali del cielo lasciano spazio a pensieri meno feroci, e la mente, lentamente, ritorna a parlare con sè stessa delle cose da fare.
Quando arrivo in ufficio presento la mia solita faccia da idiota, magari con un sorriso accennato per nascondere meglio la mia voglia di bruciare il tutto che mi circonda.
“Folgore” è tratto dal libro “Seducenti Campi” 1999 scritto da Serafino Sargentoni.