Punti sulla Maiella

SalgariAgognata da diverso periodo, il sottoscritto insieme a Andrea ed ai Signori di San Girio, sono partiti per una tre giorni escursionistica incentrata sul Parco Nazionale della Maiella.

Sabato 31 maggio è stato dedicato al viaggio di andata ed alla visita di due interessanti luoghi del parco del Gran Sasso situato immediatamente sopra a quello della Maiella. La prima sosta è stata a Santo Stefano di Sessanio, borgo risalente al tardo Medioevo sormontato dalla torrione dal quale si può godere di una fantastica vista sia dell’abitato che delle vallate limitrofe. La cittadina è un altalenarsi di restauri rispettosi delle origini e casupole dimenticate e diroccate che non hanno più neanche il tetto, un mix molto affascinante che da al visitatore l’idea che i vecchi abitanti se ne sono andati da poco e tutto sia rimasto come all’epoca dei Medici di Firenze. Personalmente è la seconda volta che visito Santo Stefano e prendendo un panino per il pranzo, mi sono fermato nel negozio dove due anni fa mi si presentò la stessa scena, il papà che comandava qualcosa al figlio che, come per la precedente visita, lo ignorava completamente: anche le persone a volte sono come le pietre… Scenette del quotidiano a parte, Sextantio è indubbiamente da visitare ed eventualmente pernottare.

Seconda, ma non per questo tale, è stata la succesiva tappa di sabato: Rocca Calascio. Qui a quota 1500 si erge un piccolo agglomerato di case sempre risalente all’epoca medicea ma di costruzione più antica. E’ solamente una postazione militare, usata appunto per controllare le rotte commerciali. Intorno al torrione fortificato, vi sono i resti di un antico insediamento, mentre leggermente più in basso è possibile trovare un abitato più fitto e ricco ancora in uso, o meglio riscoperto da una famiglia che ne ha fatto sua dimora e lavoro. La loro interessante e coraggiosa storia è bene illustrata da Germano Antonucci. Riassumendo per grandi linee l’attuale abitato di Rocca Calascio, abbandonato intorno i primi del ‘900 è stato restaurato ed adibito ad hotel diffuso, oltre ai singoli appartamenti c’è una conveniente camerata per pernottare e godersi un posto a dir poco fantastico. Località indubbiamente da consigliare e se volete fare sosta nel parco del Gran Sasso… questo è sicuramente uno dei posti migliori. Sperimentato di persona.

Secondo giorno: anello della Valle dell’Orfento. Qui la natura prende il largo: a pochi passi dal centro di Caramanico Terme ci si trova immersi nelle vallata appunto dell’Orfento e nella boscaglia che lascia in alcuni tratti il passo a delle frane di ghiaione oppure alla roccia più dura, che non consente alcun tipo di vegetazione. Il corso d’acqua è il filo conduttore di questa lunga passeggiata, che porta l’escursionista nella prima parte a scendere verso il suo letto e poi ad incrociarlo in più occasioni traversando per circa tre volte sopra ad altrettanti ponti. Il tracciato scorre abbastanza bene e quello che suscita la curiosità del viandante, è l’erosione delle acque che, con i millenni, hanno creato nel complesso la vallata e lasciato segni anche molto più in alto rispetto alla odierno tracciato. Dopo circa un paio d’ore si inizia la salita verso il punto più alto dell’anello e qui è anche la parte più difficile, ci attende un ultimo strappo di circa 300 metri d’altitudine. Saliti appena 5-6 metri dal corso d’acqua, ci ritrova a passare su di uno stretto cordolo artificiale, sovrastati dalla montagna erosa dal torrente creando un suggestivo passaggio che nella sezione è a foggia di “c”. Pochi metri dopo, per noi ma soprattutto per la Signora Stefania, è stato il momento più emozionante: come le fiere dantesche, un vipera di discrete dimensioni incrocia il sentiero e si pone in atteggiamento d’attacco verso la nostra capofila. Sangue freddo e qualche cauto passo indietro, hanno convinto il pericoloso rettile a rifugiarsi più in là nel fogliame e consentire a noi un sereno prosieguo. Sereno ma impegnativo, la pendenza cresce man mano fino a condurci, dopo circa un’ora di salita, al punto più alto, all’antico Ponte di Pietra. Qui il fiume sgorga da uno stretto valico dalla roccia e con rammarico non posso contare su di una foto della sorgiva. Sosta di appena trenta minuti per rifocillarci e riposare (di più il Signor Carestia non concesse) quindi seconda parte del nostro cammino. Dopo un breve tratto in salita inizia la lunga e meritata discesa, da questo versante è interessante notare la vicinanza di due eremi il primo, quello di S. Giovanni, è nascosto nella vallata sulla destra, mentre più in basso a pochi metri dal sentiero che abbiamo percorso si trova quello di S. Onofrio. La zona in prossimità del secondo eremo è ricca di biscie, e comunque di serpi: consigliamo di non procedere al difuori dal tracciato, né di provocare vibrazioni sul terreno per esempio picchiettando distrattamente con eventuali bastoncini.  Proseguendo la discesa che, come tale, non presenta alcuna difficoltà se non per il copioso fogliame sul terreno che in alcuni tratti ha superato abbondantemente i 30 centimetri, rendendo appunto difficoltoso il percorso e nascondendo le asperità rocciose al suolo, sotto il naturale tappeto d’humus. Arrivati al primo ponte incontrato all’andata e quindi alla parte più bassa della passeggiata, le strade si sino divise: io causa stanchezza ed un discreto doloretto ai piedi ripresi la risalita dalla valle che delicatamente riporta verso Caramanico, mentre la restante truppa ha continuato più avanti. La meta sarebbe dovuta essere una ulteriore prosecuzione di oltre un’ora in aggiunta al cammino restante ma la sfiancante risalita della valle tramite scaloni (non ha caso chiamata Le Scalelle) e l’orario (erano oramai passate le 17) hanno fatto desistere anche loro e fare rotta verso Caramanico tagliano per l’omonimo ponte. Sono passate circa 6 ore 30 minuti dalla partenza.
Molto provato, ma soddisfatto ed appagato dalla grande pace interiore, omaggio della montagna e della fatica; ritorno contento anche per il mia personale impresa escursionistica. Come nota tecnica suggerisco vivamente di ricercare (anche se un po nascosta) la Casa del Lupo, qui si può sostare e partire per molti itinerari ottenendo informazioni utili.

Terzo ed ultimo giorno La Cisterna. Si raggiunge con facilità da Bolognano, dove è possibile lasciare l’auto e proseguire per la breve passeggiata che consente la visione del luogo dall’alto, e/o di discendere verso il fiume Orta. Occorre, infine, guadare in circa 3 punti il fiume e data la brevità dell’escursione (circa 45 minuti per la risalita), magari una calzatura più leggera del solito scarpone ed il costume da bagno potrebbe essere la scelta migliore. Il posto è veramente unico, e credo che le immagini valgano più di ogni altra parola.

Concludo questo lungo post a puntate scusandomi per averci messo così tanto e con i dovuti ringraziamenti ai partecipanti che, in un modo o nell’altro, mi hanno consentito un interessante viaggio ed un piacevole soggiorno nelle bellezze naturali dell’Abruzzo. Dimenticavo di dire dove abbiamo messo il nostro campo base: a Roccacaramanico e in particolare a Lu Canton, quì insieme alla camera con bagno interno, la struttura offre anche una cucina eventualmente da condividere con gli altri inquilini. Posto delizioso ma debbo dire che nel Comune di S. Eufemia a Maiella gli allacci sono, come dire… un poco cari, ed è toccato una sovrattasa di circa 8€ per due giorni di permanenza.

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