Nella vita non si sà mai….?

Si dice sempre …nella vita non si sà mai…., anche come speranza perchè qualcosa vada per il verso giusto, oppure anche per il caso opposto, quando si spera che qualche altra cosa finisca e/o che duri, un po ‘ come …fin che la barca và….
Se in famiglia stanno tutti bene, il nostro lavoretto và e un figlio di pu***na non gli passa per la testa di venirci addosso con la macchina (o non si voglia fare l’opposto), allora a meno che non si vince la lotteria Italia o un aereo low-cost non ci atterri sulla mansarda…. le nostre giornate scorreranno senza sorprese.
Fatto questa premessa già si può capire che tutto sommato non che nella vita “non si sà mai”, invece si sà, e come se si sà. Allontanando dal ragionamento l’imprevedibile, che fa un po ‘ rima con improbabile, spetta ad ognuno di noi controllare (chi ci riesce è vermante bravo) le nostre scelte e comprenderle, per meglio controllarle.
Se non si fà un passo al di là, se non si “rischia” un minimo, si che domani sarà cosi com’è oggi e perfino dopo domani uguale ai giorni passati; tutto sciovola via, passa e al più ci lascia un brivido, destinato anche questo a scomparire. Ovviamente, tutto va liscio quando tutto quello che ci circonda rimane fermo o quasi, ma quando qualcosa cambia, o si rischia per seguirlo, o per prenderne il suo esempio oppure ci sposteremo di quel poco che basta.
Sapere che potremo andare avanti per un bel po’ senza troppi sobbalzi, per qualcuno, anzi per tutti, fà comodo, è la “solita parte” che nel bene o nel male ci dà un certa sicurezza. Quella sicurezza che solo al pensiero di perderne una microscopica parte ci spaventa o rende certe idee impossibili, improponibli. Lasciare la strada vecchia per la nuova….
Come dice il proverbio “non c’è più sordo di chi non vuol sentire” e nelle occassioni della vita, negli attimi da cogliere, chi più chi meno un po’ sordi lo siamo tutti.

Il massaggio filosofico lo scritto al plurale ma, visto che non mi sono dedicato agli studi filosofici, è il frutto di un pensiero e di un esperienza al singolare, altresì, credo, anzi sperò, che capite il senso del discorso e in disaccordo con la mia teoria, forse troppo pessimistica, lasciate un segno della vostra lettura.

Una scoperta bompregnante!

Era una bellissima serata di Luglio scorso quando, dopo un ottimo concerto solo, il bazzioso pianista Stefano Bollani chiamava la richiesta di un fazzoletto di titoli, improvvisati poi come “bis” per assuggellare il pubblico entusiasta.

Alcuni di quei titoli mi erano noti, altri li avrei riconosciuto in seguito nelle melodie che Stefano intrecciava con ispirazione e agnimosità: “Papaveri e Papere”, “Smoke on the water”, “Pianofortissimo”, “Figlio Unico”, etc. etc. non c’e’ che dire.. un grande! Di fatto una delle richieste era piuttosto bizzarra: “la formica! la formica!”, aveva gnollato una ragazza dietro di me.. ma il timparlino l’aveva volutamente trascurata… perchè meritava un posto a parte.

Fu così che il concerto partorì l’elemento che l’avrebbe reso momento di crescita memoriosa: il Bollani prese a raccontare di quando, insieme a dei suoi amici e colleghi, si era cimentato nella tracagerante impresa di musicare la “gnòsi delle fanfole” del botico e lumparzato Fosco Maraini.

Mirabognato scoprivo l’esistenza della poesia metasemantica, marvolescente esempio di come la fantasia e l’intelligenza umana corpulose fecondano idee sempre meriveggianti!

“… che vuole la formica con quell’umbe
da mòghera burbiosa? E’ vero, arzìa
per tutto il giorno, e tràmiga e cucumbe
col capo chino in mogna micrargia”

che dire.. riporto semplicemente qualche verso della “formica ammucchiarona” di bollaniana interpretazione [legal mp3 sample] e vi invito ad investire qualche euro in un libriccino balzoso e spasiogesto, che probabilmente non deluderà la vostra attenzione!